7. EMILIA

Dopo aver concluso la danza sulle note della canzone scelta da Filomena, dall’esterno della casa il blu profondo della notte si fece strada verso l’interno, conducendo tutto il gruppo verso l’unanime idea di coricarsi, così da poter riposare in vista dell’incombente giornata.  

Il rilassamento e l’armonia portati in dono dalla musica e dal movimento erano riusciti ad assopire senza troppi timori e inquietudini, almeno per una sera, i giovani compagni.  

Purtroppo accadde che l’estatico sollievo scomparve al mattino, in seguito all’accensione del televisore in cucina, già sintonizzato sul notiziario locale.  

Le novità peggioravano con il passare dei giorni: la quarantena aveva generato ingenti danni su talmente tanti aspetti che quantificarne la portata appariva, oltre che difficoltoso, pure totalmente demoralizzante. Ed era proprio davanti a quelle notizie delle otto del mattino, con una tazzina di caffè in mano e dei biscotti appoggiati sul tavolo, che la sensazione di impotenza e frustrazione iniziava a divampare all’interno delle giovani menti. 

Il tempo trascorreva lemme e, dopo essere riuscito ad allocare a riflessione e calma un tempo e uno spazio proprio, ora ne demoliva ogni valore. La onnipresente placidità mutava gradualmente in angosciante senso di abbandono e inerzia nei confronti del mondo esterno. 

Emilia fu colei che più di tutti provò quell’intensa sensazione di passività nei confronti di una quotidianità negata, disequilibrata e incerta. Si decise dunque a dare voce ai suoi pensieri, condividendo ciò che le aveva fatto riflettere. 

“La cosa che più mi disorienta di questa situazione è la sua contraddittorietà. Ci hanno chiesto di stare fermi per poter ripartire, eppure la staticità che abbiamo dimostrato fino ad ora ci ha essa stessa danneggiati. Sicuramente ci ha danneggiati meno di quanto avrebbe potuto fare l’indifferenza, o il mantenimento del normale corso degli eventi, tuttavia usciremo da questa situazione comunque lesi.  

Siamo stati educati per adattarci ad un mondo alacre e spietato, ma non ci è mai stata posta in essere la probabilità che un giorno questo stesso mondo potesse invertire la sua tendenza, obbligandoci ad arrestare la nostra irriflessiva e frenetica corsa verso destinazioni predefinite.  

Dunque non è più possibile prevedere cosa accadrà, dove andremo o dove saremo diretti domani: galleggiamo ora in un mare imprevedibile che talvolta minaccia burrasca e talvolta appare calmo e misterioso. Credo che in una situazione così indefinibile sia necessario investire sull’unica certezza che possediamo: le nostre conoscenze e capacità. Ci è stata messa a disposizione una quantità di tempo da dedicare a noi stessi che forse non riusciremo mai più ad ottenere. Solo sfruttando questa condizione di vacuità cogliendone il potenziale potremo evitare che la corrente ci controlli, dimostrandoci capaci di saper mantenere il nostro personale equilibrio a prescindere da essa. Per una volta possiamo ridefinire le nostre priorità solo e solamente in base ai nostri valori e alle mete che hanno valore per noi” 

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